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Responsabilità degli amministratori nella continuità aziendale

Vediamo come la Legge 155/2017 regolamenta la responsabilità degli amministratori in fatto di continuità aziendale e di prevenzione della crisi d’impresa.

Come è ormai risaputo, con la legge delega 155 del 19/10/2017 viene emanato il nuovo Codice della Crisi d’Impresa, introdotto successivamente con il D.lgs. n. 14 del 12/01/2019.

La nuova legge delega stabilisce che è responsabilità dell’imprenditore che opera in forma societaria o collettiva, istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile che sia adeguato a natura e dimensioni dell’azienda e che sia in grado di rilevare in modo tempestivo lo stato di crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale. È sempre responsabilità dell’imprenditore attuare in modo tempestivo tutte le iniziative per farvi fronte.

L’analisi dei rischi per prevenire la crisi d’impresa

Come l’analisi dei rischi dpermette di individuare anticipatamente un possibile stato di crisi d’impresa? In questo articolo capiamo come usare questo strumento.

Scopo della riforma della crisi di impresa (Legge 155 del 2017) è quello di fare emergere in modo tempestivo e anticipato lo stato di crisi, prima che questa diventi irreversibile. In questa frase viene sintetizzato un cambiamento che stravolge in modo radicale non solo gli assetti della maggior parte delle imprese Italiane ma soprattutto la cultura e la modalità di operare di quasi tutte le PMI del nostro Paese.

Gli imprenditori italiani hanno sempre considerato come strumento per capire come la propria azienda stia performando il bilancio che viene annualmente depositato presso la Camera di Commercio. Sebbene il bilancio d’esercizio sia un ottimo e idoneo strumento, occorre comunque considerare che:

Indici crisi d’impresa: ecco i più importanti da conoscere

Patrimonio netto, DSCR e soglie: gli indici di crisi d’impresa permettono di rilevare situazioni di squilibrio economico-finanziario. Ecco i principali.

Lo scorso 5 novembre 2020 in Gazzetta Ufficiale n. 276 è stato pubblicato il Decreto correttivo del Codice della crisi d’impresa (Decreto legislativo n. 147 del 26/10/2020). Tale Decreto correttivo, modifica la nozione di crisi, che non risulta più essere lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, ma la situazione di squilibrio economico-finanziario in grado di generare la probabilità stessa di insolvenza.

Legge 155/2017: guida per imprese su adempimenti, costi e benefici

La legge 155/2017 ha portato alla riforma della crisi d’impresa. Quali sono gli adempimenti per le aziende? E quale il rapporto costi-benefici?

La riforma della crisi d’impresa ha inizio lo scorso 2017 in primis con la legge delega 155/2017 e successivamente con il decreto attuativo n. 14 del 12 gennaio 2019.

È da considerarsi un cambiamento a tutto tondo che coinvolge normativa, organizzazione e cultura delle imprese. Oltre ad essere rivisti tutti gli istituti concorsuali e preconcorsuali, vengono rivisti in modo sostanziale anche parte delle disposizioni del codice civile contenute nel libro V, libro fondamentale per la normativa di imprese e società.

Come creare un Franchising? Linee guida economico finanziarie

Come creare un Franchising quanto si guadagna? Dai finanziamenti alla replicabilità del format, ci sono alcuni aspetti importanti da considerare quando si crea un franchising. Scopriamoli insieme.

Prima di analizzare gli elementi da tenere in considerazione per creare un franchising, è necessario fare un po’ di ordine. Sfortunatamente in Italia esiste molta confusione sul tema: il franchising è infatti una formula relativamente sconosciuta (o misconosciuta) nella Penisola, a differenza dei paesi anglosassoni e della Francia, dove rappresenta una formula assolutamente consolidata. 

Capiamo meglio cos’è davvero il franchising e quali sono i suoi vantaggi in questo periodo storico.

In generale il franchising può essere definito una formula contrattuale che regola e permette la distribuzione di beni e servizi tra un imprenditore affiliante (franchisor) ed uno o più imprenditori affiliati (franchisee).

I tre pilastri su cui si regge un contratto in franchising sono basati sulla trasmissione codificata di:

Purtroppo a volte in passato sono stati usati in Italia contratti in Franchising (o spacciati come tali) solamente allo scopo di scaricare su altri imprenditori gli investimenti connessi allo sviluppo commerciale, oppure per nobilitare e mascherare dei contratti di semplice distribuzione (o piramidali e – nei peggiori dei casi – schemi Ponzi).

In realtà il franchising prevede un contratto molto duttile che permette di sviluppare in modo rapido ed efficace la value proposition dell’azienda, utilizzando modalità e formule che si adattano meglio e più efficacemente alle varie condizioni di mercato (singolo, multi-franchisee, area developer, master).

Il contratto ha una riconoscibilità mondiale, e pertanto i riferimenti normativi sono molto precisi sia in Italia (L129/2004, DL 204/2005) sia in Europa (Regolamento UE 330/2010) e con standard operativi internazionalmente riconosciuti.

Rete franchising, un asset strategico in tempo di Covid-19

Come cambierà il mondo dopo il Coronavirus? E come reagirà il business? Ecco perché le reti franchising possono rivelarsi una potente arma di ripresa.

In base ad una indagine fatta da McKinsey su un panel di manager e consulenti a livello mondiale ci troviamo di fronte ad una ripartenza post Covid-19 piuttosto lenta ed incerta che si trascinerà ben oltre il 2021.

Di fronte a queste previsioni, gli imprenditori devono riuscire a trovare nuove strategie e canali per sviluppare il business nonostante le ovvie difficoltà. Puntare su una rete franchising può essere una leva strategica fondamentale. Ma di preciso, cosa cambierà dopo il Covid?

Master franchising: cos’è e requisiti finanziari per avviarlo

Un contratto di Master Franchising spesso aiuta a Sviluppare la rete franchising in paesi distanti. Scopriamo cos’è e quando sceglierlo.
La CSR Corporate social responsibility è un’altro aspetto da tenere sempre più in considerazione per creare nuove o ristrutturare reti retail nella società post pandemica.

La diffusione mondiale del franchising, relativamente recente, spesso porta i franchisor ad affacciarsi a territori particolarmente vasti e distanti dalla propria sede per una idea di sviluppo internazionale del proprio marchio il più ampio possibile. Tale sviluppo però, richiede necessariamente la garanzia di una corretta gestione e di un efficiente controllo della rete di punti vendita, in particolar modo in tutti quei paesi che sono molto distanti dalla sede sia geograficamente che culturalmente o economicamente.

Per questo motivo, sono nati dei ruoli imprenditoriali del tutto nuovi.
Parliamo di AFFILIATO MASTER o LICENZIATARIO MASTER o più ancora di MASTER FRANCHISEE. Parliamo anche del MASTER FRANCHISING e dei vantaggi delle Società Benefit.

Quanto costa diventare franchisor? Tutte le voci di spesa

Quali sono i costi da sostenere per avviare un franchising? Vediamo le principali voci da considerare e capiamo qual è il budget minimo da allocare.

Il franchising viene visto spesso come un mezzo di sviluppo a costo zero, che permette di espandere il brand esclusivamente utilizzando la leva finanziaria fornita dagli imprenditori affiliati.

Si tratta di una semplificazione molto simile a quella di chi pensa di poter avviare un progetto ecommerce semplicemente attivando un sito fai-da-te.

In realtà il franchising è un canale specifico che permette di accelerare e moltiplicare la crescita: certamente una leva per lo sviluppo, ma una leva che ha un costo preciso e specifico. Ma quanto costa diventare franchisor?

Va considerato che il franchising si regge sulla condivisione in rete di 3 pilastri assolutamente obbligatori:

Senza questi non ci sono i presupposti sostanziali per parlare di franchising.

Inoltre è ormai assodato che i confini tra canali commerciali (ecommerce, retail, wholesale, vendita diretta, vendita a domicilio) tendono progressivamente a sparire. Pertanto avviare un canale franchising che non preveda anche dei meccanismi di integrazione e rinforzo con gli altri canali sarebbe un’impresa destinata al fallimento sicuro.

Per questo motivo se l’azienda non ha previsto un budget preciso per la costruzione e lo sviluppo di questo canale, è assolutamente sconsigliabile avviare un progetto franchising.

Premesso che i costi di creazione e sviluppo di una rete in franchising sono assolutamente eterogenei in relazione al settore e/o al mercato target, si può cercare di orientarsi analizzando le voci di spesa ricorrenti nei sistemi franchising.

Crisi d’impresa, come prevenirla o affrontarla dopo la legge 155/2017

Capiamo insieme il funzionamento del nuovo codice sulla crisi d’impresa e dell’insolvenza (Legge 155/2017). Cosa cambia per le PMI e per gli imprenditori?

Il 19 ottobre 2017, dopo un percorso tutt’altro che semplice, viene pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge Delega 155 per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza. Successivamente in data 14 febbraio 2019 viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto attuativo n. 14 del 12 gennaio 2019 che introduce nell’ordinamento italiano il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

Le modifiche introdotte stravolgono in modo sostanziale le disposizioni contenute nella legge fallimentare, provvedimento entrato in vigore nel 1942 in un contesto economico e finanziario completamente differente rispetto all’attuale. Sebbene nel frattempo fossero stati attuati dei correttivi, vi era la necessità di adeguarsi alla normativa Europea. Quest’ultima non considera la procedura concorsuale come una procedura meramente liquidatoria ma piuttosto come tutela e conservazione dei mezzi e della struttura dell’impresa, tale da assicurarne la sopravvivenza e la salvaguardia dei portatori di interessi.

Sostenibilità aziendale come valore distintivo: 5 step da seguire

Intraprendere un percorso verso la sostenibilità aziendale porta a molti vantaggi, specie in questo periodo storico. Ecco i passaggi per riuscirci.

Occorre innanzitutto fare chiarezza su un concetto che è in evoluzione perenne: quello di sostenibilità aziendale.

Per anni la “sostenibilità aziendale” è coincisa solo con il risultato economico (sostenibilità economica), poi si è capito che bisognava inserire l’analisi dei flussi finanziari (sostenibilità finanziaria). Adesso quando si sente parlare di sostenibilità la mente corre all’ambiente (sostenibilità ambientale).

Abbiamo visto che del concetto di “sostenibilità ambientale” non si è mai riusciti a cogliere la vera essenza, focalizzandosi solo su una sua parte, in base ai trend del momento. Metaforicamente è come fissare un puntino su un foglio bianco, perdendo di vista l’interezza del foglio e quante altre cose esso possa contenere.

Ma non è così strano. D’altronde anche in economia, a seconda delle emergenze, si seguono delle mode e tutta la comunicazione finisce per concentrarsi solo su alcuni aspetti che diventano centrali nelle analisi. Di conseguenza, gli stessi temi vanno anche ad occupare per intero la mente di chi deve dirigere un’azienda e spesso anche dei consulenti che la affiancano.

Questo a maggior ragione è avvenuto e avviene nelle nostre PMI che, spesso, non hanno una struttura manageriale e delle competenze di livello in quanto tendono ad accentrare le strategie e le decisioni in capo all’Imprenditore, uomo o donna, solo al comando.

Con il verificarsi di una moltitudine di fallimenti, il focus viene spostato sull’argomento di turno che di colpo appare come nuovo ed indispensabile.